come trovare la giusta collocazione nella coscienza collettiva per una tragedia che ha segnato in negativo con le sue conseguenze il primo decennio del nuovo millennio.
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In questi giorni mi è capitata in mano una rassegna stampa di articoli raccolti nei giorni successivi all’11 settembre e fa uno strano effetto rileggerli adesso a dieci anni di distanza. Quelle pagine piene di immagini shockanti trasmettono anche a dieci anni di distanza la difficoltà di raccontare quella che prima di tutto è stata una tragedia in cui ciascuno di noi si è sentito coinvolto dal punto di vista emotivo.
In quelle ore di incertezza in cui vedevamo. stupiti e spaventati, le immagini in diretta dal cuore di Manhattan, abbiamo capito che martedì 11 settembre non sarebbe stata una data qualunque tra un lunedì 10 e un mercoledì 12. Mentre guardavamo le torri cadere abbiamo capito che l’11 settembre avrebbe segnato per molto tempo una linea di demarcazione: che ci sarebbe stato un prima e un dopo. E la domanda fissa che sorgeva spontanea dentro ognuno di noi non era “perché è successo” ma “che cosa succederà ora?”.
Tre articoli fra i tanti pubblicati il 12 settembre credo abbiano qualcosa di importante da dire, anche a dieci anni di distanza.
- L’editoriale del quotidiano il Manifesto di Luigi Pintor: “Chiediamoci il perché“
- un articolo dello scrittore Alessandro Baricco uscito su la Repubblica: “Quando la storia si presenta come un film“
- e uno di Ian McEwan pubblicato dal quotidiano britannico Guardian: “Oltre l’immaginazione“
Purtroppo molte dei timori di quelle ore si sono concretizzati e hanno segnato in profondità il primo decennio del nuovo millennio, con ferite che sono ancora aperte. Quello di oggi pertanto non è un anniversario qualunque perché è impossibile ricordare le vittime dell’11 settembre senza tenere conto di tutto quello che è venuto dopo. La guerra in Iraq e in Afghanistan pesano su questo anniversario come macigni e offuscano quello che avrebbe dovuto e potuto essere un momento per ricordare senza retorica le tante persone innocenti (di ogni nazionalità e ceto sociale) morte a Manhattan l’11 settembre 2001. A loro e a tutte le altre vittime delle guerre combattute dopo l’11 settembre dovrebbe andare oggi il nostro pensiero.
Sei articoli fra i tanti pubblicati in questi giorni in occasione del decimo anniversario dell’11 settembre descrivono secondo me al meglio la difficoltà con cui l’occidente ha celebrato questo anniversario.
- Un articolo di Paul Kennedy uscito sul n°914 di Internazionale: “l’eredità dell’11 settembre“
- due post da Estremo Occidente il blog del giornalista di Repubblica Federico Rampini: “le regole di Obama per un 11 settembre “inclusivo” e “dieci anni dopo l’america ha perso la sua unità nazionale“
- l’editoriale del direttore di Presseurop Eric Maurice: “11.9.2011“
- un articolo di Noam Chomsky uscito sul n°913 di Internazionale: “C’era un’alternativa alla guerra?“
- l’editoriale del direttore di Unimondo Fabio Pipinato: “11 settembre rafforzare il pensiero“